Rovigo, famiglia sfrattata. Hanno bimbo disabile, l’appello del padre: aiutateci
Il 9 gennaio una famiglia con un bambino disabile è stata sfrattata da un appartamento di via Falcone e Borsellino. Sono le 9.30. Il termometro segna meno 5 gradi. Al bar Franchin di piazza Vittorio Emanuele II sono appena arrivati Carlo 46 anni, la moglie Amalia, 34enne, con il figlio di 3 anni e mezzo in braccio. Il piccolo è disabile. Con loro valigie, alcune borsette di plastica. La loro vita è tutta lì.
E’ quello che sono riusciti a portare con sé dopo che, un’ora prima, sono stati costretti ad uscire dalla loro casa. Sfrattati per morosità; a suonare alla porta del loro piccolo appartamento da dove da qualche anno vivono in affitto, il legale del proprietario dell’immobile, l’ufficiale giudiziario assieme agli agenti della questura e della polizia municipale. «Lo sfratto è esecutivo, raccogliete le vostre cose e andate via». Carlo spiega che non sa dove portare la sua famiglia: il bambino è ancora in pigiama. «Abbiamo raccolto i vestiti e i nostri effetti personali – spiega Carlo -, abbiamo cercato di vestire bene il bambino. Non sapevamo cosa ci aspettava, anche dormire in strada». Si sono incamminati verso il centro. La strada ghiacciata, le temperature sotto zero. La mamma con il bambino tra le braccia. «Siamo andati in Comune per chiedere aiuto – spiega Carlo – Ci hanno detto di cercare un dormitorio per mia moglie ed il piccolo. Forse ci sono un paio di posti. Domani però. Oggi non è possibile avere un letto».
Carlo continua: «E’ da mesi che mi rivolgo ai servizi sociali spiegando la nostra situazione. Da un anno ho smesso di lavorare per seguire le cure di mio figlio. Dopo che i medici gli hanno diagnosticato l’autismo ho deciso di stargli accanto per aiutarlo. Mia moglie era provata psicologicamente dopo la diagnosi. Non abbiamo nessuno a cui appoggiarci. Ora però abbiamo finito tutti i risparmi. Non pagavo l’affitto da qualche mese. La proprietaria di casa non ha voluto avere pazienza, le ho spiegato che ho ripreso da poco la mia attività di libero professionista. Mi sarebbe bastato qualche mese per mettermi in regola con i pagamenti. Ma niente. Da due mesi ci aveva staccato il riscaldamento. Il mio bambino dormiva al freddo. L’ appartamento non era in buone condizioni, era pieno di umidità. Ma era un tetto dove riparare nostro figlio. Ma ora ci ha mandati via. Non sappiamo dove andare». E il Comune? «I servizi sociali ci hanno sempre risposto che non ci sono case disponibili a Rovigo. Molte sono chiuse e non hanno i soldi per sistemarle. Ho fatto la spola per mesi a Palazzo Nodari. Ma oggi siamo qui, a scaldarsi in questo bar». Fra poche ore farà buio. Una signora offre un letto alla madre con il bimbo. Carlo riceve una telefonata: un amico di Ferrara riesce ad ospitarlo per qualche giorno. Ha solo un letto però. La famiglia si divide, sperando sia solo per questa notte. Una mamma, un bambino di 3 anni e mezzo disabile sono stati sbattuti fuori di casa la mattina del 9 gennaio, in uno dei giorni più freddi dell’anno. Non hanno un posto dove andare. Lo dicono alla polizia, all’ufficiale giudiziario. Lo dicono ai servizi sociali. Loro li guardano, hanno le mani legate a causa della burocrazia. Spiegano. E così, nei giorni in cui molti polesani accendono la tv e si scandalizzano dei clochard lasciati morire al freddo, dietro casa nostra un bambino di tre anni cerca riparo in un bar accanto al Comune perché non ha più una casa. Inevitabile chiederci: il quinto piano di casa Serena vuoto e ristrutturato che Bergamin aveva messo a disposizione dei poveri, che fine ha fatto?
Fonte : ilrestodelcarlino