L’Ocse boccia Renzi sul lavoro. Solo la Grecia fa peggio

La cura Renzi contro la disoccupazione continua a mostrare tutta la sua debolezza. La certificazione questa volta viene dall’Ocse. Nel 2015 il tasso di occupazione nella popolazione tra i 15 e i 24 anni nel nostro Paese si attesta al 17,3%, in miglioramento rispetto al 17,2% del 2014 ma in netto peggioramento rispetto al 24,5% del 2007. Gran parte dei nuovi posti però sono precari. La disoccupazione giovanile (15-24 anni) in Italia nel 2015 si attesta al 40,3%: 2,4 punti in meno rispetto al 2014 (42,7%) e ben 19,9 punti in più rispetto al 2007 (20,4%). Solo la Grecia in questa classifica fa peggio dell’Italia. Nel 2015, infatti, il tasso di occupazione dei 15-24 anni si attesta al 13% (13,3% nel 2014 e 24% nel 2007). La Spagna, invece, si classifica davanti all’Italia con nel 2015 un tasso di occupazione giovanile al 20% (18,5% nel 2014 e 43% nel 2007). I disoccupati di lunga durata, cioè le persone in cerca d’impiego da più di un anno, in Italia sono il 58,7% del totale dei disoccupati, una quota tra le più elevate tra i paesi Ocse, pur se inferiore di 3,5 punti percentuali al picco raggiunto nel 2014. La piaga più preoccupante nel mercato del lavoro è quella dei «Neet» ovvero i giovani che non lavorano, né studiano né sono in formazione. «Sono la categoria più a rischio tra la popolazione, in particolare se non hanno terminato gli studi superiori. Favorire l’ingresso dei giovani in difficoltà nel mercato del lavoro e migliorarne le opportunità di carriera è quindi di fondamentale importanza».

Più di un giovane su 4 tra i 15 e i 29 anni è un Neet, un terzo da più di un anno: l’aumento del 44% nel tasso di Neet in Italia durante la crisi, rileva l’Ocse, «è stato determinato soprattutto da un aumento dei disoccupati». Tuttavia in Italia più di metà dei Neet «sono inattivi e quindi a rischio di esclusione duratura dal mercato del lavoro». Fra i paesi Ocse i giovani senza diploma superiore «hanno generalmente maggiori probabilità di essere Neet, ma in Italia più della media Ocse (10% rispetto al 6%)». Per quanto riguarda le retribuzioni, secondo l’Ocse «non è certo che i lavoratori possano un giorno recuperare i guadagni potenziali di salari persi dal 2007 soprattutto se la crescita della produttività del lavoro resta debole». Il ritorno ad un progressione sostenuta dei salari, sottolinea l’organizzazione internazionale, «dipenderà in gran parte della capacità dell’economia mondiale di uscire dalla spirale attuale di debole crescita, di investimenti limitati, di miglioramento della produttività e degli scambi internazionali». Proprio per questo «serve una utilizzazione più ambiziosa della politica di bilancio e delle riforme strutturali aggiuntive». Le politiche sul mercato del lavoro «dovranno partecipazione a questo sforzo più ampio, conciliando sia il bisogno a breve termine di un miglioramento economico sia il bisogno nel lungo termine di sostenere un ritorno alla crescita più forte e inclusivo». L’Ocse rileva che lo stress al lavoro colpisce numerose persone. Spesso i lavoratori il cui posto di lavoro è stato soppresso durante la recessione nel settore manifatturiero e delle costruzioni hanno scoperto che le loro qualificazioni e la loro esperienza non permetteva loro di accedere a lavori meglio retribuiti nel settore dei servizi.

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