Aumento IVA al 25% ora insieme a noi lo dice anche la Corte dei Conti
L’aumento dell’IVA tra un anno è inevitabile: troppe agevolazioni ed esenzioni fiscali portano l’Italia ad essere il secondo Paese al mondo per erosione della base imponibile, il che riduce i margini di manovra della nostra politica fiscale. A lanciare l’allarme è la Corte dei Conti nell’annuale rapporto sulla finanzia pubblica.
La legge di Stabilità 2016 ha previsto, per il 2017, l’aumento dell’IVA ordinaria dal 22 al 24% e quella agevolata dal 10 al 13%; nel 2018, invece, si passerà dal 24 al 25%. Il tutto senza bisogno di nuove disposizioni legislative: l’aumento è stato, infatti, già programmato nell’ultima manovra di fine anno che ha vincolato lo scatto dell’IVA al mancato conseguimento dei risultati di bilancio collegati al recupero dell’evasione (voluntary disclosure).
Ebbene, secondo la Corte dei Conti non si potrà evitare l’incremento dell’imposta sul valore aggiunto se non si tagliano le spese fiscali, strada che, invece, il governo dimostrerebbe di non voler intraprendere essendo piuttosto orientato a tentare soluzioni per ridurre l’Irpef e l’Irap.
Ecco a quanto ammonteranno gli aumenti di IVA prospettati nella legge di Stabilità 2016
Quanto costerà agli italiani l’aumento dell’IVA? In media, non meno di 414 euro per famiglia solo nel 2017 (i famosi 80 euro del bonus Renzi moltiplicati per cinque). Nel 2018, portando l’IVA dal 24 al 25%, la spesa per nucleo familiare salirà ulteriormente a 508 euro, con un aumento dell’inflazione dell’1,72%. Una vera e propria tagliola per l’economia nazionale, già caratterizzata dalla stagnazione dei consumi. La Corte però sottolinea come l’aumento dell’IVA potrebbe portare a una minore sperequazione rispetto alle attuali misure fiscali, andando a colpire tutti gli italiani e non, invece, solo alcuni contribuenti come invece le numerose attuali previsioni fiscali. Insomma, il problema del nostro Paese, secondo la Corte dei Conti, è l’eccessivo perimetro applicativo delle aliquote ridotte. Agevolazioni e tax gap spingono l’Italia all’ultimo posto nell’Unione Europea per gettito Iva, mentre l’Irpef colpisce reddito da lavoro, pensione e impresa in maniera più pesante rispetto all’Europa.
Siamo in presenza di una vera e propria “fuga dall’Irpef” che, aggiungono i magistrati contabili, “è aumentato di pari passo con la crescita del prelievo complessivo, configurandosi come una sorta di «scorciatoia» – perseguita da questa o quella categoria – rispetto alle difficoltà e ai ritardi di una riforma tributaria intonata alla riduzione della pressione fiscale”. L’imponibile dichiarato ma non tassato ammonta a 100 miliardi di euro, circa il 15% del reddito assoggettato a Irpef. Se non si modificano le regole del gioco, quindi, la sola riduzione delle aliquote progressive potrebbe accentuare tali diseguaglianze. Un ampliamento della base imponibile Irpef, invece, “renderebbe naturale riassorbirvi molte di tali misure». Così come l’allargamento degli imponibili Iva, ritenuto «fra i meno distorsivi quanto a impatto sull’economia» e «giustificato dalla posizione di fanalino di coda che il nostro paese occupa nella graduatoria europea sul rendimento dell’imposta”.
Alla luce di questa triste analisi, che dimostra ancora una volta quali enormi sperequazioni fiscali siano presenti e tollerate nel nostro Paese, rendendo ampia la fetta dei contribuenti beneficiari di agevolazioni e detrazioni, l’aumento dell’IVA è pressoché inevitabile.