Sfrattato e disoccupato, andrò a vivere sotto un ponte per non abbandonare il mio cane
«Il mio cane è vecchio, molto malato, ed è con me da quando era appena nato. Se mi separo da lui, morirà ancora prima. Piuttosto che lasciarlo sono disposto ad andare a dormire sotto un ponte, o a fare una pazzia».
V. R. ha 39 anni ed è un operaio disoccupato. Abita da tre anni in un monolocale semidiroccato, vicino al cimitero di Voghera. Da un anno l’uomo vive senza luce, gas, acqua e riscaldamento. «Il padrone di casa vuole comunque il pagamento dell’affitto e anche gli arretrati – racconta V.R. – Ma io non posso pagare, non ho soldi. L’azienda per cui lavoravo è fallita. Poi ho lavorato in un altro posto, ma non mi hanno mai pagato. Sopravvivo andando a mangiare alla mensa della Caritas. Io e il mio cane, che si chiama Shot, ci dividiamo la razione. Poi torniamo a dormire qui, al freddo. Shot è malato e molto vecchio, ha quasi 15 anni. Lo avvolgo in una coperta per non farlo morire di freddo. L’Enpa, l’ente protezione animali, mi aiuta con il cibo e le medicine per Shot. Fra 10 giorni però mi daranno lo sfratto esecutivo, mi metteranno in mezzo a una strada. Alcuni enti, come la Caritas, mi hanno detto che possono trovare qualche sistemazione temporanea per me, ma il cane non può venire. Io però non mi posso separare da Shot, è l’unico legame affettivo che ho con questa vita».
V.R. è un operaio metalmeccanico specializzato. «Ma so fare parecchi lavori manuali – spiega il 39enne – Dalle saldature ai lavori di meccanica, ma anche guida di carrelli industriali, lavori di piccola edilizia, giardinaggio e pulizia. Se qualcuno potesse darmi un lavoro, anche gratis, con un posto in cui stare io e il cane, ci salverebbe. Non posso lasciare da solo Shot al canile, morirebbe ancora prima. Piuttosto faccio una pazzia».
V.R. è originario di Tortona, e si era trasferito a Voghera per lavoro: poi è andata male. L’uomo non ha parenti: solo qualche cugino
che abita a centinaia di km di distanza. «Io e Shot siamo molto legati, ci diamo forza a vicenda. Anche se mi rendo conto che non tutti possono capire – conclude l’operaio – Sono arrivato a pensare cose terribili. L’ho visto nascere, non sopporto l’idea di vederlo soffrire».