Un paese annientato dal salva banche. “Duemila persone fregate dal crac”
Se il tonfo delle quattro banche salvate dal governo è un terremoto che ha sconvolto la vita di chi vi aveva riposto fiducia (e risparmi), l’epicentro del sisma è in una cittadina marchigiana sulla via Flaminia, al confine con l’Umbria: Cagli. Qui i novemila abitanti si sono trovati stretti in una trappola a tenaglia. Oltre alle chiese, ai bei palazzi medioevali e al teatro, fanno parte del panorama cittadino le filiali di due istituti di credito coinvolti nel recente crac: Banca Marche e Banca popolare dell’Etruria e del Lazio. Va da sé che è tutto il paese a rischiare di ritrovarsi a rimpiangere i soldi versati per sottoscrivere obbligazioni subordinate e azioni, poi trasformate in carta straccia dal decreto salva-banche di Palazzo Chigi. Lo storico Palio cittadino, il «Giuoco dell’Oca», si è trasformato da un giorno all’altro in una partita a Monopoli finita in bancarotta per un quinto della popolazione. A confermarlo è Alberto Alessandri, sindaco eletto con una lista civica un anno e mezzo fa, interrompendo 25 anni di amministrazioni rosse. «La situazione – spiega al Giornale – è ancora in evoluzione, quindi è difficile dare numeri precisi. Ma quasi tutti qui in città sono clienti di una delle due banche. Anche io. Ma per fortuna non ho mai sottoscritto né azioni né obbligazioni». Il primo cittadino racconta come ogni giorno qualcuno si faccia avanti, raccontando di far parte dell’esercito degli esodati del risparmio, le cui fila qui a Cagli sono particolarmente numerose. «Ipotizzo – prosegue Alessandri – che almeno duemila persone qui siano rimaste fregate, e che molte siano ancora frenate dal dirlo per la vergogna che si prova in questi casi. Stiamo cercando di far emergere il problema, in modo che tutti i danneggiati si associno tra loro per prendere qualche iniziativa comune. Di certo in una frazione qui vicino – sospira il sindaco – a Pianello di Cagli, gli 800 abitanti, in gran parte pensionati, avevano solo la filiale di Banca Etruria. Lì si saranno salvati in pochi: il decreto ha bruciato l’intero paese». E se ad Arezzo obbligazionisti e azionisti scottati raccontano di pressioni subite in banca per sottoscrivere i bond, a Cagli il terremoto sembra essere stato democratico come la livella di Totò. «Se qualcuno dei dipendenti ha spinto i clienti a investire in quei titoli – assicura Alessandri – sono certo che l’ha fatto in buona fede. Qui in provincia la banca è come la squadra di calcio: chi ci lavora fa il tifo, e ovviamente ha un po’ di azioni in tasca. Insomma, i dipendenti sono i primi a essere rimasti scottati». Proprio la fiducia nelle banche del territorio potrebbe rendere la ferita più sanguinante, se come sembra quei bond tossici sono finiti in tasca a pensionati e commercianti poco esperti di finanza e pronti a investire risparmi e liquidazioni senza diversificare. Mai sospettando che quei soldi consegnati allo sportello si sarebbero poi volatilizzati, nel momento in cui il governo ha deciso di far pagare ad azionisti e obbligazionisti il costo del soccorso agli istituti di credito. Una strada che ha scatenato la rabbia dei defraudati in tutta Italia e ha già provocato una vera vittima, col suicidio del pensionato-obbligazionista di Civitavecchia. Su quel decreto, il sindaco di Cagli ha un’opinione interessante: «Sa che idea mi sono fatto? Non credo che il governo abbia voluto salvare qualcuno, penso che sia stato una sorta di scambio con la Ue. Salviamo queste quattro banche secondo le vostre regole, però un domani concedeteci di sforare sul patto di Stabilità. E non scordiamo che, tolta la parte marcia, ora ci sono 4 good banks da vendere agli amici o agli amici degli amici».