Disoccupato e senza casa, 55enne trova ricovero da dividere a turno con gli extracomunitari

fila mensa caritas-2Un ricovero saltuario nei locali dell’ex “Di Mauro”, da dividere a turno con gli extracomunitari di passaggio, un pasto alla mensa dei poveri di San Francesco e strade che diventano casa. Un appello all’amministrazione Servalli per riappropriarsi della propria vita, per ritrovare almeno in parte quella serenità scomparsa con il sopraggiungere della povertà.

La storia è quella di Giuseppe Siani, 55enne cavese, piombato dall’avere un lavoro al ritrovarsi le tasche vuote; dal vivere una vita di affetti al sopportare il freddo di un cartone tra le macerie. Il seguito del racconto è la sintesi di tante storie al tempo della crisi. Protagonisti coloro che la società di oggi definisce i “nuovi poveri”. La storia è quella di Giuseppe Siani, 55enne cavese, piombato dall’avere un lavoro al ritrovarsi le tasche vuote; dal vivere una vita di affetti al sopportare il freddo di un cartone tra le macerie. Il seguito del racconto è la sintesi di tante storie al tempo della crisi. Protagonisti coloro che la società di oggi definisce i “nuovi poveri”. Tra questi Siani che ormai da mesi vaga in lungo in largo per la città dei portici, alla ricerca di un lavoro durante il giorno e di un riparo sicuro per la notte. «Perdere il lavoro mi ha causato un accumulo di situazioni debitore e bollette che non potevo pagare, sono stato costretto a rinunciare a una casa e a una vita normale, per me e per i miei figli – racconta il signor Giuseppe –, e ora vivo alla giornata, contendendomi un giaciglio nei locali della “Di Mauro”. Mia moglie mi ha lasciato, non riesco ad occuparmi dei miei figli se non grazie all’aiuto di alcuni amici e conoscenti che quando possono li ospitano e permettono a me di fare una doccia». I guai per Giuseppe Siani sono cominciati tre anni fa, quando la locale azienda di produzioni ceramiche per la quale lavorava, nella frazione di Santa Lucia, chiuse i battenti per fallimento e venne sottoposta a sequestro giudiziario.

Giuseppe riesce a tirare avanti con la cassa integrazione, ma solo per un breve periodo di tempo, poi più nessun ammortizzatore economico e la situazione precipita. La moglie lo abbandona, lasciandolo da solo a prendersi cura di tre figli e lui decide di rivolgersi all’allora sindaco Galdi. La soluzione, grazie all’impegno dei servizi sociali, è un esiguo contributo annuale di circa 150 euro per disagio economico che riceve fino allo scorso anno. Con l’insediamento della nuova amministrazione Servalli, Giuseppe ha ora deciso di sensibilizzare nuovamente l’impegno delle istituzioni, rivolgendo il suo appello in particolare ad Autilia Avagliano, assessore alle politiche sociali.

«Mi è stato detto che si cercherà di fare il possibile per trovare una soluzione alla mia situazione – ha spiegato – voglio confidare in questo, e mi auguro che la mia vicenda possa sensibilizzare le coscienze nei confronti delle persone che vivano una condizione come la mia. Quel che mi resta è la dignità e l’amore per i miei figli che non vedo quasi mai. Riusciamo a condividere pochi momenti perché non abbiamo un posto dove stare insieme e non posso biasimarli perché si vergognano di vivere da barboni come me».

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