Andorra, gli scandali bancari fanno tremare il paradiso fiscale sui Pirenei
L’ultimo colpo, in ordine di tempo è arrivato dall’agenzia Standard & Poor’s, che venerdì scorso per la seconda volta in sei mesi ha tagliato il rating, sceso a BBB: ma i problemi per il Principato di Andorra arrivano da lontano e rischiano di scavare a fondo nel piccolo paradiso fiscale incastonato fra i Pirenei. Che, assieme a Gibilterra, mantiene il dubbio privilegio di essere l’unico paese dell’Europa occidentale a rimanere nella ‘black list’ del nostro fisco (dalla quale peraltro difficilmente uscirà visto che il 2 marzo scorso è scaduta la possibilità di firmare accordi tra Roma e i paesi della ‘lista nera’).
Alla base della scelta di S&P il timore – concreto – che il settore finanziario del piccolo principato sia a rischio vista l’offensiva mossa dalla task force del Tesoro Usa (FinCen) che combatte i crimini finanziari, e che ha esplicitamente accusato uno dei principali istituti del paese, la Banca Privada d’Andorra (BPA), di riciclaggio di denaro sporco.
La mossa di Washington entro 60 giorni potrebbe portare al blocco delle attività dell’istituto con qualsiasi controparte che operi negli Usa: in pratica all’inizio di maggio la Bpa – sospettata di “numerose e prolungate attività illecite con organizzazioni internazionali russe, cinesi e venezuelane” – diventerebbe un ‘paria’ del sistema finanziario mondiale, con zero possibilità di sopravvivere.
Il governo di Andorra è già corso ai ripari commissariando la banca ma il nodo di fondo è nella impetuosa, e per certi versi incontrollata, espansione del sistema bancario del principato. Dal 2008 al 2015 la crescita è stata del 63% portando gli asset a rappresentare 6,5 volte il Pil di Andorra (appena 85 mila abitanti). E se si guarda alle attività gestite, il totale sale a 17 volte il Prodotto interno lordo. Senza considerare nel 2014, spiega S&P, l’espansione dovrebbe essere continuata.
In questo sistema (dai fondamentali tutto sommato invidiabili, con sofferenze al 5,1% e un capital ratio al 22%) è centrale il ruolo della BPA (21,1% del totale) con asset per 3,3 miliardi di euro e attività gestite per circa 7 miliardi.
Peccato che Andorra non abbia una banca centrale o comunque un prestatore di ultima istanza: di sicuro un ruolo che non può essere ricoperto dal governo, che ha un bilancio annuo di soli 400 milioni. Di qui il rischio di un ‘meltdown’ in grado di travolgere il sistema finanziario del principato, che è fuori dall’Ue, anche se ufficialmente retto da due co-principi: il vescovo della diocesi spagnola di Urgell e il presidente della Repubblica francese.
A complicare lo scenario, i forti legami con la Spagna, o meglio la Catalogna (con cui condivide la lingua), attraverso il Banco Madrid, una banca privata specializzata nella gestione di patrimoni di correntisti facoltosi e famosi, come Jordi Pujol, già nume tutelare di CiU, il partito promotore del separatismo catalano.
Il Banco de Espana si è mosso a sua volta prima inviando ispettori e poi commissariando l’istituto dopo le dimissioni del Cda. E con asset sotto gestione per 40 miliardi di euro, il Banco Madrid rischia di trasferire all’Eurozona una parte delle ‘turbolenze’ del principato.